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LogopediaMo è segnalato da Modena Bimbi!

  • Immagine del redattore: Maria Giovanna Roio
    Maria Giovanna Roio
  • 8 mag 2013
  • Tempo di lettura: 2 min

Di seguito un estratto dell'intervista presente sul sito modenabimbi.it, dove rispondo alle domande più frequenti sull'attività del logopedista.


Dott.ssa Roio quali sono i campanelli d’allarme che spingono i genitori a rivolgersi ad una logopedista?

Buongiorno a tutti, spesso i genitori che mi contattano esordiscono con un “Mio figlio non parla bene”, una frase che raggruppa una serie di problematiche più specifiche (non pronuncia bene le lettere, confonde i suoni, non riesce a fare delle frasi, balbetta, si mangia le parole, sta sempre a bocca aperta…). Certamente è il linguaggio non adeguato all’età il primo campanello d’allarme, specialmente nella fascia d’età fino ai 5-6 anni. Poi possono invece subentrare difficoltà nell’apprendimento della lettura e scrittura, per lo più individuate dalle maestre ma anche da genitori preparati e molto attenti.


Quali sono i problemi più comuni che richiedono l’intervento di una logopedista in età pediatrica?

I problemi più comuni riguardano la sfera dello sviluppo del linguaggio: ritardo nel parlare, difficoltà nella pronuncia di alcuni suoni (dislalie, tipiche la R e la S), nel formulare le frasi, nell’utilizzo di parole più lunghe o complesse, nella fluenza dell’eloquio (balbettamenti o disfluenze), nella comprensione di frasi più articolate. Alcuni aspetti, se non trattati, possono portare ad un vero e proprio disturbo di linguaggio (DSL) nella fascia prescolare, che potrebbe poi sfociare in un disturbo di apprendimento della lettura e scrittura (DSA) in età scolare. Altre problematiche molto frequenti riguardano la deglutizione atipica e la postura della lingua, associate molto spesso ad abitudini viziate (succhiamento del pollice, uso prolungato del ciuccio, respirazione a bocca aperta, mangiarsi le unghie…) e a difetti di pronuncia.


Come si svolge la prima visita ad un bambino?

La prima visita prevede un incontro con il bambino accompagnato da uno o entrambi i genitori: all’inizio raccolgo da mamma e papà le informazioni che mi servono per procedere con la valutazione (lasciando così tempo e spazio al bambino per abituarsi all’ambiente). Successivamente passo a delle prove specifiche dirette al piccolo paziente: se il bambino è abbastanza maturo, preferisco far uscire temporaneamente i genitori, per instaurare un primo rapporto di fiducia col piccolo ed evitare ‘aiuti esterni’ nello svolgimento delle prove.

 
 
 

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